
Gli impianti di cui si serve per produrre energia il
settore fotovoltaico hanno varie dimensioni anche a seconda delle collocazioni. Ce ne sono sui tetti degli edifici urbani o su quelli dei capannoni industriali, e in agricoltura si sono adottate tantissime soluzioni, con pannelli a terra o addirittura sospesi.
Adesso la prospettiva è che i raggi solari vengano captati direttamente nello spazio, cioè attraverso un’enorme apparecchiatura che operi un po’ più vicino alla grande stella che li genera. Il progetto
Solar Power Satellite via Arbitrarily Large Phased Array (per gli amici: SPS Alpha) è costituito, come si può abbastanza facilmente intuire, da un satellite orbitante, il quale, inopinatamente, sfoggia la forma di un colossale fiore.
Per le dimensioni lo si potrebbe già definire una centrale. Il ricercatore capo di Artemis Innovation Management Solutions,
John Mankins, un passato nella
NASA, ritiene che il prototipo possa essere pronto entro un triennio, mentre la stazione sarebbe attiva non prima del 2025. Si pensava già da qualche decennio a realizzare un’idea del genere, ma la tecnologia non era del tutto pronta e i costi sarebbero stati… esorbitanti.
Oggi, al contrario, servendosi di moduli più ridotti del normale e adoperando un sistema che faccia concentrare il calore sulla parte posteriore della struttura, in modo che sia più facile trasmettere l’energia sulla terra
via radio, l’attivazione è più sostenibile. Bisognerà poi trovare un’area campestre capace di contenere un ricevitore da 5 miglia che si elevi dal suolo fino a 6 miglia, rispettandone l’ecosistema.